Sharon nasce a Cesena nel 1993 da madre sarda e padre nato in Canada, Toronto.
Sharon: "Da dove nasce tutto? È questo ciò che più mi sta a cuore.
La mia infanzia la ricordo circondata dal verde e da tantissimi animali, gatti e lucertole in particolare. Amo la loro compagnia e mi sento a casa, come se fossero loro la mia casa, e probabilmente è così.
Sento la necessità di avvicinarmi alla natura da sempre, e lo faccio, e me la porto a casa iniziando da piccola a fotografare tutto quello che mi trasmette una bellezza pura e semplice: la corteccia dell'albero, le sue foglie, i rametti... sento che tutto ciò che mi circonda ha bisogno di cura e attenzione, e da qui inizia la mia ricerca per il dettaglio, per le cose piccole, per quelle poco visibili.
A sedici anni i miei genitori mi regalano la prima macchina fotografica digitale, una Canon.
Credo sia stata la solitudine che sentivo ad avermi portata ad appassionarmi così tanto alla fotografia.
Inizio a fotografare le persone poco dopo, ero già attratta dalla pelle e la prima ragazza che ho scattato era Angela, una ragazza afroitaliana e dopo di lei, altre mie amiche, con la pelle sempre più esposta.
Ho tratto il meglio da ogni esperienza ma data la giovane età, non era semplice affrontare il nudo e renderlo pubblico.
Da questo momento in poi, inizio a fotografare me stessa, e il vero lavoro inizia da qui, e va avanti tuttora: è un’autoanalisi continua, una terapia.
Mostro i dettagli più intimi di me e inizio piano piano ad accettarli, a capire che non bisogna odiarsi o vergognarsi perché la nostra pelle si lacera, subisce e si difende come può.
A ciò si unisce la scelta di ritrarre altre persone, con più consapevolezza e cercando di entrare in punta di piedi nella loro vita, nei loro racconti intimi, nei loro traumi, nelle loro debolezze, nella loro pelle.
La mia fotografia è cruda e disturbante, ma delicata e rispettosa.
Ricordo che mi ripetevo sempre questa frase: «vorrei avere una macchina fotografica al posto degli occhi così da poter immortalare sempre tutta la bellezza che mi circonda».
Non ho mai studiato fotografia e i miei studi scolastici non hanno influenzato molto la persona che sono oggi.
La fotografia rimane la mia passione più grande: mi smuove, è il mio limbo tra sogno e realtà, l’equilibrio perfetto delle sensazioni – accompagnata dal bianco e nero e dai tagli per arrivare sempre più vicina al dettaglio.
Il mio lavoro: Il mio è un lavoro personale che si relaziona col corpo, principalmente il mio, con cui entro in contatto tramite l'autoscatto. Ho voglia di dare voce a tutte le parti del corpo che non vengono accettate, da noi stessi in primis.
Tramite la fotografia imparo – per quanto faticosamente – a volermi bene, e cerco di ottenere lo stesso anche con le persone con cui collaboro.
Da questo punto di vista, quindi, io sperimento, nella mia fotografia, l'impronta artistica che orienta anche Volgare: l'obiettivo è infatti allenare lo sguardo perché non sia giudicante verso ciò che consideriamo al di fuori dell'ordinario. È proprio la ricerca di questa eccentricità che mantiene viva la nostra curiosità.
Per quanto riguarda le mie esperienze lavorative, "Quello che la società non vuole vedere" è il titolo della mia prima esposizione, portata prima al Festival Naturista del camping di Classe, e successivamente a Mercato Saraceno. Nel corso degli ultimi anni inizio a fare anche da modella, posando in varie città d’Italia e in Francia, dove lavoro in veste di fotografa, modella e assistente; collaboro con Iris Brosch, Roy Stuart, Caprice Elise. Si è trattato di un’esperienza travolgente da cui ho imparato tanto – e chissà cosa ci riserva il futuro!"
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